L’ORO DI DONGO
E’ sicuramente l’oro di Dongo il principale fenomeno che ha scaturito centinaia di omicidi e violenze nei dintorni del lago di Como nei mesi successivi all’aprile 1945 (si parla almeno di 450 persone misteriosamente scomparse nel nulla oppure ritrovate poco tempo dopo senza vita, stando alle ricerche svolte dallo storico Giorgio Pisanò).
Un fenomeno tale da creare ancor’oggi un muro indistruttibile di silenzi ed omertà, attraverso l’instaurazione di un vero e proprio clima di paura, che incombe minaccioso sia sui testimoni ancora in vita, sia sui loro eredi (ai quali si dice venga resa la vita impossibile sia in termini lavorativi che sociali, qualora osassero parlare). In sostanza, dalle parti di Como e dintorni esisterebbe ancora adesso una vera e propria cosca partigiano-comunista, non si sa bene capeggiata da chi, che agirebbe imperterrita a distanza di così tanti anni. Forse l’A.n.p.i. ne sa qualcosa e potrebbe illustrarci meglio la situazione, però questo immaginiamo sarebbe chiedere troppo....
Ma cos’era veramente quest’oro di Dongo, causa di tante morti ed infinito terrore? E’ presto detto.
L’oro che i partigiani scoprirono sui camion dei membri della R.S.I. fermati in prossimità di Musso, a pochi passi da Dongo, erano praticamente tutte le riserve auree dello stato repubblicano che Mussolini aveva provveduto a raccogliere, onde evitare che i tedeschi potessero fare razzia anche di quelle.
Furono ritrovati molti lingotti d’oro, svariate banconote in lire italiane e valuta straniera (franchi svizzeri e sterline), oro e preziosi di vario genere, compresi i beni personali appartenuti ai ministri della R.S.I. e alle loro rispettive famiglie. Fra i vari soldi c’erano pure quelli che il Duce aveva ricavato dalla vendita del giornale di sua proprietà “Il popolo d’Italia”.
Le stime fatte sull’ammontare di tutto quell’oro è ancor’oggi oggetto di discussione e forse non si arriverà mai a scoprirne l’esatto contenuto, ma una valutazione attendibile è quella che stabilisce il valore del tutto in ben 600 miliardi di lire dell’epoca!
Secondo i dati per così dire “ufficiali”, l’inventario che i comunisti presentarono ammontava a circa 128 milioni di lire, ma è chiaro che viste le evidenti ruberie di quei giorni, quel dato era del tutto inattendibile.
Secondo invece le ricerche fatte dagli americani, si risalirà ad una cifra di quasi 190 miliardi di lire. Sempre secondo la loro inchiesta, 400 milioni finirono nelle casse del Comando Alleato, mentre un centinaio di milioni venne dato al C.V.L.(Corpo Volontari della Libertà). Un’altra parte del denaro finì in “piccole” dosi ad alcuni partigiani locali (che in quelle ore avevano provveduto a rubare), o alle famiglie del luogo, come ricompensa che i ministri fascisti fermati a Dongo diedero in cambio di protezione per le loro famiglie. Tutto il resto finirà nelle casse del partito comunista italiano…..
Come in molti confermeranno in seguito, su tutti Massimo Caprara, per vent’anni segretario di Palmiro Togliatti, quei soldi incassati illegalmente servirono come finanziamento illecito per:
1) acquistare la sede nazionale del partito comunista a Roma, ossia “Botteghe Oscure”
2) acquistare la tipografia per il giornale di partito “L’Unità”.
3) acquistare un albergo che servì per ospitare i quadri del partito provenienti da fuori città.
4) pagare le spese di mantenimento e successiva liquidazione di tutte le squadre partigiane garibaldine
5) finanziare le campagne elettorali del P.c.i. nel 1946 e nel 1948
6) il resto rimase come fondo cassa del partito, usufruendone nei decenni successivi.
Secondo alcune stime, i comunisti spesero circa 30 miliardi dell’epoca per finanziare le due campagne elettorali, mentre ne spesero 3 per l’acquisto di Botteghe Oscure….
Da non dimenticare inoltre che a questo s’aggiunge pure la vendita di una copia del carteggio “Churchill-Mussolini” che Togliatti consegnò personalmente a Churchill, dopo lunghe trattative, in cambio di “soli” due milioni e mezzo di lire dell’epoca.
Ad ogni modo, per quanti miliardi siano stati effettivamente spesi, ciò che è certo è che una grossa fetta rimase per sempre nelle casse del P.c.i. di cui ne giovò per decenni, forse fino ai giorni nostri (alla faccia dello stato sociale e dei lavoratori che loro stessi millantavano di voler aiutare e tutelare….)
Questo colossale furto, che non ha precedenti né seguito nella nostra storia, forse nemmeno in quella di tangentopoli, fu deciso dagli alti vertici comunisti e gestito presumibilmente, stando alle testimonianze ufficiali, dal dirigente di partito locale, tale Dante Gorreri, incaricato di amministrare l’oro di Dongo e tutti i documenti segreti del Duce rinvenuti nelle sue borse.
Nessuno pagò mai per quel crimine contro lo stato e contro l’intero popolo italiano: a pagarne le conseguenze fummo invece solo noi italiani e le casse del nostro stato; ma soprattutto pagarono per primi coloro i quali persero la vita per porre in salvo quei soldi e consegnarli alle autorità....
Anche questa è una storia tutta italiana, vergognosa e per la quale andrebbe fatta una volta per tutte chiarezza e soprattutto giustizia (magari obbligando gli eredi politici del P.c.i. a restituire allo stato italiano tutti i soldi rubati alle casse dell’erario).
UNA LUNGA CATENA DI OMICIDI
Durante il periodo che andava dagli ultimi giorni di aprile del 1945 fino alla fine di quella torbida estate, tutte le persone che sapevano della morte di Mussolini, o dei documenti che il Duce portava con se, e soprattutto dell’oro di Dongo, vennero fatte per sempre “tacere” con un metodo molto in voga in quei giorni: un colpo in petto ed uno in fronte e gettato nel profondo lago di Como, così il corpo incamerava subito acqua ed affondava, senza mai più risalire……
Il testimone chiave di tutti gli eventi di Dongo, tale Luigi Canali, più conosciuto da tutti come il Capitano Neri, è fra le prime vittime della furia omicida dei comunisti.
Per chi non lo conoscesse, egli era il capo di stato maggiore della 52^ brigata partigiana di Como, e fu colui che portò il Duce e la Petacci a Bonzanigo di Mezzegra, nella casa di suoi amici fidati, i coniugi De Maria. Fu anche colui che visionò tutti i documenti che il Duce portava con se, e che tentò vanamente di porre al sicuro, ritenendo quelle carte di grande importanza per la storia e per la nazione. Ma soprattutto fu colui che si occupò inizialmente di censire tutto l’oro di Dongo e che tentò di consegnare alle autorità, ritenendolo di proprietà dello stato italiano. Le sue denunce contro le prime sparizioni di denaro, i tentativi di sottrarre alle grinfie comuniste tutti quei beni, saranno la sua condanna a morte.
Ma prima di Luigi Canali “capitano Neri”, toccò ad un altro partigiano di venir ucciso, anch’egli protagonista in quelle ore: tale Giuseppe Frangi, conosciuto da tutti come “Lino”, ossia uno dei due uomini messi a guardia di Mussolini fuori casa De Maria. Egli chiese di parlare col Neri, per rivelargli notizie importanti (si presume che volesse raccontare come avvenne esattamente la morte del Duce, visto che il Neri giunse a fatto già compiuto). Ma a quell’appuntamento non vi arriverà mai…..verrà assassinato la sera prima ed il suo corpo gettato nel lago…
Tempo dopo toccherà anche alla partigiana “Gianna”, fidanzata del Neri e, strana coincidenza, colei che per ordine del suo uomo, censì tutto il materiale sequestrato alla colonna fascista a Dongo. In quei giorni non si era rassegnata alla scomparsa del suo fidanzato, tanto che tentò di tutto per ritrovarlo e per scoprire la verità sulla sua fine. Forse si era troppo sbilanciata oltre, tanto che la sera del 23 giugno 1945 verrà vista salire su una motocicletta con due uomini: pochi minuti dopo qualcuno udirà delle grida ed alcuni colpi di pistola. Verrà così uccisa ed anche il suo corpo sparirà per sempre nel lago…..
Più avanti la furia assassina dei comunisti prese tutti coloro che sapevano o che si presumeva potessero parlare sugli eventi di Dongo: toccò ad Annamaria Bianchi, amica della Gianna, a conoscenza di molte sue confidenze. Quando iniziò a fare domande sulla scomparsa improvvisa della sua amica, sparirà nel nulla pure lei...
Subito dopo verrà ucciso anche il padre di Annamaria, Michele Bianchi, deciso a far luce sulla scomparsa della figlia. Ma altri vennero presi nella morsa omicida dei comunisti, per ragioni più o meno oscure: da Natalina Chiappo, staffetta partigiana della 52^ brigata Garibaldi, al partigiano “Biondino” (amico di Bill) che venne coinvolto con altri ragazzi in un incredibile e strano incidente, saltando in aria su una bomba che si trovava all’interno della loro barca; da Angelo Magni, amico del Neri, il quale aveva soltanto “osato” chiedere informazioni sulla misteriosa scomparsa del suo amico, fino alla sparizione del postino di Dongo, che a quanto pare era a conoscenza del luogo esatto in cui fu nascosto l’oro della R.S.I.
Tutti questi sapevano qualcosa, poco o tanto, sia sull’oro sparito, sia sui documenti del Duce, sia sulla reale fine che lui e Claretta fecero quel 28 aprile. Un anno dopo toccherà addirittura alle sfere più alte: per primo il giornalista del Meridiano D’Italia, Franco De Agazio, che nel 1946 venne assassinato solo per aver iniziato a pubblicare sul suo giornale una serie di articoli che stavano aprendo uno squarcio di luce sugli oscuri avvenimenti di Dongo ed in particolar modo sui nomi degli assassini del Capitano Neri e di Gianna.
Poi, a distanza di anni, precisamente nel 1957, quando finalmente iniziò il processo per le morti di Dongo e per il furto dell’oro, uno dei giudici del processo, Silvio Andrighetti, il più deciso ed il più onesto, verrà trovato morto in ospedale, dopo esser stato ricoverato per un collasso: il suo decesso sarà bollato come suicidio……
Nel frattempo gli altri quattro giudici che componevano la corte si dimisero, abbandonando la carica assunta, sotto la singolare quanto patetica scusa dell’indisponibilità fisica…
Intanto il partito comunista, per proteggere i suoi uomini, aveva provveduto a far eleggere deputati i principali uomini coinvolti presumibilmente in quelle vicende, tra questi anche il famigerato Dante Gorreri…..
La sospensione del processo, l’amnistia di Togliatti e l’immunità parlamentare che taluni individui ricevettero con l’elezione a deputati, fecero per sempre insabbiare le prove ed impedire definitivamente lo svolgimento del processo e quindi delle condanne. Il resto, come ricordato fin qui, i comunisti lo otterranno chiudendo per sempre la bocca ai testimoni più scomodi.
Così, giustizia non sarà mai fatta ed i colpevoli per sempre impuniti e addirittura in alcuni casi premiati con onorificenze per “meriti” resistenziali....
Il Comitato Verità e Giustizia per Mussolini
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