Secondo la versione rilasciata dal partigiano “Bill” che nel corso degli anni ha cercato di raccogliere più testimonianze possibili rivolgendosi a quelle persone che erano stati suoi amici e compagni di lotta nel 1945, riporta, seppure in modo non del tutto preciso e comunque non completamente dimostrabile, la seguente ricostruzione:
Giungono a Bonzanigo di Mezzegra, nella mattinata del 28 aprile, Luigi Longo (il vero colonnello Valerio) accompagnato da Alfredo Mordini “Riccardo” e Michele Moretti “Pietro”. I tre salgono le scale che portano al pianerottolo fuori della stanza in cui riposano Mussolini e la Petacci; a quel punto Longo bussa con forza e quasi subito il Duce gli apre la porta chiedendo cosa succede.
Moretti ordina a Mussolini di andar via subito con loro, in quanto dovevano trasferirlo altrove; qui però la Petacci si sarebbe insospettita, tanto da chiedere spiegazioni, ma Longo interviene bruscamente cercando di convincerla a rimanere sul posto. Claretta si ribella e allora, onde evitare ulteriori perdite di tempo, Longo acconsente che pure la Petacci segua Mussolini; ma una volta giunti in prossimità dell’auto, ordina a Mordini di fermarla. Puntualmente quest’ultimo obbedisce, puntandole il mitra contro: ed è qui che inizia il dramma finale....
Non appena si vide il mitra puntato contro, capisce che si tratta di una trappola e rivolgendosi a Mussolini grida: “Ben, ti vogliono uccidere!” Qui Mordini la taccia di puttana, ma Claretta non demorde ed afferra con entrambe le mani il mitra del partigiano; a quel punto Longo scende subito dall’auto e punta la pistola contro il fianco della Petacci, premendo a più riprese il grilletto senza però che parta un colpo, in quanto l’arma s’era inspiegabilmente inceppata. Allora infuriato ordina a Mordini di spararle. Il Duce, appena accortosi dell’accaduto, cercò di uscire dall’auto, urlando:
“Non commettete un simile delitto! Non potete, è una donna!”
Il capitano Neri, che si trovava anch’egli sul posto, cercò di portare via Claretta, ma lei rimase ancora afferrata alla canna del mitra di Mordini: improvvisamente partirono dall’arma alcuni colpi, che non si sa come raggiungono la gola di Mussolini, che di colpo s’accascia a terra, tenendosi le mani sul collo. Claretta a quel punto si getta verso Benito che era rantolante a terra ed urla disperata: “Non potete ammazzarci così! Siete dei vigliacchi!”
Mordini allora va su tutte le furie e gridandogli “Maledetta puttana!” gli sparò addosso una raffica di colpi che la uccise all’istante. Intanto Mussolini non era ancora morto, e a quel punto Longo fuori di sé urla a Moretti di finirlo, che ubbidisce subito, scaricandogli addosso un’altra serie di colpi.
Longo, nero di rabbia, inveisce con i suoi per il fatto di non esser riuscito a portare il Duce a piazzale Loreto, vivo, “fregando” gli Alleati. Tale rabbia proseguì anche dopo, quando giunse a Dongo, dove non aveva ancora sbollito il nervoso per tutto l’inconveniente della mattinata (Petacci compresa) tanto da continuare a bestemmiare come un pazzo per gran parte del pomeriggio del 28 aprile.
Successivamente Longo ordinò di nascondere i corpi nella casa di un amico del Neri, fino alle quattro del pomeriggio, quando Lampredi e Audisio sarebbero giunti, insieme a Moretti, per fingere la fucilazione davanti al cancello di villa Belmonte.
Questa, ripetiamolo, la versione che “Bill” ha ricostruito sulla base delle testimonianze raccolte fra i suoi amici e compagni di lotta.
Fonti tratte dal libro di Urbano Lazzaro: “Dongo, mezzo secolo di menzogne” Ediz. Mondadori
Il Comitato Verità e Giustizia per Mussolini
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